Questo fine settimana ho visto su RAI 3 un interessante speciale sui disturbi del comportamento alimentare.
Ho avuto un rapporto difficile con il cibo a partire dall’adolescenza e per una parte della mia giovinezza. Le problematiche di cui ho sofferto in realtà sono piuttosto comuni, in particolare in quella fascia d’età, e nel mio caso non hanno raggiunto mai livelli importanti.
Si trattava di quello che oggi viene definito disturbo da alimentazione incontrollata, meglio noto come Binge Eating Disorder (BED). In pratica mangiavo senza controllo grandi quantità di cibo, preferibilmente spazzatura, di nascosto o comunque al riparo da occhi indiscreti. Seguivano poi periodi di restrizione calorica e intensa attività fisica. Solo grazie ad un lavoro serio e profondo sono riuscita a conquistare un rapporto sano ed equilibrato con il cibo.
Chi soffre di questo disturbo, di solito non usa in modo regolare comportamenti di compensazione come nella bulimia nervosa (impiego di lassativi o diuretici oppure induzione del vomito) ma ha la tendenza a mangiare in eccesso, ecco perché buona parte di queste persone soffrono anche di sovrappeso o di obesità.
Durante il mio percorso universitario ho avuto modo di approfondire l’argomento e di capire in maniera più approfondita le dinamiche legate alle varie dipendenze compresa quella connessa al cibo. Se dovessi riassumere in poche parole l’insegnamento che ne ho tratto potrei esprimerlo in questo modo:
"non è l’abuso del cibo o di altre sostanze il problema, ciò che fa male, ma è lo stare male che induce all’abuso di cibo o altre sostanze al fine di trovare “sollievo” ad un disagio interiore."
I disturbi del comportamento alimentare, di qualsiasi natura essi siano, sono sempre un campanello d’allarme, la testimonianza che la nostra anima è ferita, il riflesso di una sofferenza interiore che va sempre e comunque indagata fino in fondo con l’aiuto di persone competenti in questo ambito.
Certo è vero che spesso questo tipo di comportamenti possono essere attivati dalla spinta a voler aderire ad un ideale di magrezza che si è affermato prepotentemente solo a partire dal xx secolo, e sono di certo favorite dalla cultura del consumismo che ci porta fin dalla più tenera età a consumare velocemente centinaia di cose privandoci di quelle esperienze profonde che rendono le nostre vite ricche e soddisfacenti.
Ma c’è dietro molto, molto di più. Come sostiene Massimo Recalcati, i disturbi del comportamento alimentare non sono disturbi dell’appetito, ma della relazione. All’esordio troviamo una ferita: è una ferita d’amore.
La forza di volontà non ha nulla a che vedere con questo tipo problematica, il disturbo da alimentazione incontrollata, come qualsiasi altra modalità di assunzione emotiva del cibo, non ha niente da spartire con la forza di volontà e neppure con le spiegazioni logiche e razionali. Non è così che si riesce a disinnescare il circolo vizioso.
Nessun discorso, spiegazione logica, tecnica, motivazione esterna o tipo di dieta potranno esserci di aiuto. Se la problematica non è grave forse potremo trovare un momentaneo sollievo, ma se non risolto alla radice il problema di presenterà nuovamente lasciandoci sfiduciati e sofferenti.
Ritengo altrettanto importante sottolineare che i disturbi alimentari sono la spia di un problema legato alla storia individuale di ciascuno, non nascono da una causa unica e universale. Per questo l’attenzione non puo' essere rivolta a regolamentare semplicemente il comportamento alimentare, ma è necessario intervenire in maniera precisa per fare luce sulla “problematica” che ha determinato la comparsa del disagio e della sofferenza e su quella compiere un profondo lavoro con l'aiuto di persone preparate e con esperienza.
Per concludere due parole sulle nuove forme di disagio legate al cibo. Accanto alle forme classiche oggi emergono anche una serie di nuovi disturbi alimentari come l’ortoressia (dipendenza esclusiva dai cibi “sani”) e la bigoressia (ossessione, principalmente maschile, per il corpo atletico e muscoloso) sono solo i nomi nuovi che indicano lo stesso tipo di difficoltà.
E voi, che rapporto avete con il cibo?
Condivido pienamente ogni parola. Troppo spesso di tende a banalizzare il "problema" e non si presta sufficiente attenzione ai sintomi che celano problematiche più ampie. Io ho scelto un percorso con una professionista che mi ha aiutato a trasformare questo disagio in un punto di forza e devo dire che è stata una delle scelte migliori della mia vita. Grazie per questo articolo, ben scritto e profondo.
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