mercoledì, novembre 25

Insoddisfazione, apatia, tristezza : come affrontare queste nuove forme di disagio

 



Ho il piacere di ospitare oggi sul mio blog una professionista che conosco da oramai 15 anni, la Dott.ssa Alice Pari, psicoterapeuta e psicoanalista.
Ho posto alla Dott.ssa Pari 4  domande sulle nuove forme di disagio quali insoddisfazione, apatia e tristezza. In questa epoca in cui stereotipi e falsi desideri la fanno da padrone, in una società in cui  regna l'omologazione di massa e dove “ognuno è gli altri e nessuno è se stesso” (M. Heidegger- Essere e tempo), come è possibile ritrovare la propria singolarità ed il desiderio di vita?

Lascio la parola alla Dott.ssa Pari che ci offre contenuti preziosi per una comprensione di questi fenomeni attraverso la sguardo della psicoanalisi.

1. Cosa c’è dietro le nuove forme di malessere e disagio psicologico quali l’apatia, l’insoddisfazione, la tristezza?

In Harry Potter e la pietra filosofale c’è un brano toccante in cui il piccolo Harry scopre in una soffitta della Scuola di Hogwarts lo Specchio delle Brame che mostra a chi lo guarda ciò che egli più desidera. Il piccolo Harry vi vede dentro i suoi genitori e si strugge per il desiderio insoddisfatto di non averli mai conosciuti. Il saggio Preside Silente interrompe ed allevia la malinconia del ragazzino rivelandogli che «L’uomo più felice della terra guarderebbe nello specchio e vedrebbe solo se stesso, esattamente così com’è».
Freud stesso si pose la domanda di cosa renda l’essere umano soddisfatto e la sua risposta fu quella di mettere in evidenza come questi sia al di là della Natura. Cosa significa? Che l’essere umano condivide con gli animali la stessa biologia ma al contrario di questi non possiede l’istinto, non ha nessun meccanismo precostituito, nessun sapere innato che gli indichi come si fanno le cose, mangiare, migrare, riprodursi, niente viene da sé, tutto deve essere appreso. Chi spiega al piccolo della gazzella che appena nato deve iniziare a correre? Lo sa già, è scritto nel suo codice genetico. Il piccolo umano invece non sarebbe in grado, anche già a due anni di età, di saper distinguere di cosa nutrirsi se nessuno glielo insegna. 
L’animale segue il proprio istinto che lo guida verso i suoi bisogni primari e una volta appagati questi è soddisfatto. L’essere umano invece non può dire altrettanto, non gli basta appagare i bisogni per essere soddisfatto ma ha necessità di sviluppare un desiderio, un poter tendere a qualcosa che non ha e che motivi il suo movimento, la sua pulsione, il suo dirigersi verso questo “qualcosa” che non è solo dell’ordine dell’oggetto. Il concetto di desiderio è ben rappresentato nel Simposio di Platone in cui Socrate mostra come non si può desiderare che a partire da ciò che non si ha. Lacan riprende quest’opera sottolineando la centralità del concetto di mancanza, si desidera solo ciò di cui si è mancanti. 
Nell’epoca del benessere in cui non siamo mancanti di nulla, in cui i bisogni primari sono totalmente soddisfatti, come è possibile sperimentare una mancanza? Si rende necessario inventarla, creare nuovi oggetti da desiderare, trovare mancanze nei partner che altri non avrebbero, cercare un altro lavoro in cui realizzarci meglio, e via dicendo.

2. La società con i suoi stereotipi alimenta “falsi desideri” che ci proiettano in un “mondo ideale” e ci allontanano dalla realtà e da noi stessi. L’ideale della grande casa perfetta magari con l’orto, il giardino e per la quale ci si indebita e si è costretti a lavorare h24 per mantenerla, ma anche l’alimentazione ideale, lo stile di vita ideale, l’educazione dei figli ideale…e potremmo continuare all’infinito. 
Qual è il punto di vista della psicoanalisi?

L’ideale è una costruzione astratta, immaginaria, distaccata dalla realtà di ciò che effettivamente esiste o è alla nostra portata. Nella realtà quotidiana ci si scontra con la frustrazione, quella sgradevolissima sensazione che si prova quando non riusciamo ad ottenere quello che desideriamo, oppure con l’impotenza, l’incapacità e l’impossibilità, per impedimenti esterni o interni, ad ottenere ciò che vogliamo. 
L’ideale è ciò che ci permette di sopportare il peso di impotenza e frustrazione, lo costruiamo noi, inconsciamente, e poi crediamo che esista pur di non dover ammettere il nostro vuoto, la nostra impasse, pur di non accettare che siamo castrati, impediti, che “non possiamo arrivare dappertutto”. Il concetto lacaniano di castrazione implica l’accettazione dell’avere un limite, di poter sopportare la nostra mancanza costituzionale, di assumere che la soddisfazione totale ed assoluta non esiste, e non deve esistere altrimenti smetteremmo di desiderare, dato che il desiderio nasce dalla mancanza.
La società, la cultura, la letteratura aiutano a sostenere e confermare la credenza che questi ideali di realizzazione e soddisfazione esistano, e ci condizionano a livello profondo ed inconsapevole. Tutti sappiamo che il Principe Azzurro o la donna dei sogni non esistono, eppure di fronte alle difficoltà col partner reale sopravvive l’idea che da qualche parte c’è qualcosa di meglio e che continuando a cercare potremmo finalmente trovarlo.
La società crea stereotipi, cioè credenze diffuse che vengono accettate dall’individuo, non costruite da lui stesso ma prese così come sono; lo scopo di tali stereotipi è quello di avere punti di ancoraggio per orientarsi e sapere come muoversi nella vita, certezze che aiutino a governare l’ansia di non sapere. Però si tratta di pensieri pensati da altri, tratti assegnati senza verificarli o sottoporli al personale pensiero critico. Ideali e stereotipi sostituiscono la fatica e l’ansia di doversi costruire un pensiero proprio, singolare, basato sulla ricerca e la messa in discussione di informazioni attendibili. La ricerca di un dato oggettivo attendibile ad oggi è resa quasi impossibile dal proliferare di internet e social in cui tutti hanno diritto di parola e credibilità, basta che l’informazione sia trasmessa con enfasi emotiva convincente e diventa vera. E tutti siamo potenti o hanno in mano la verità, tutti siamo laureati all’università della vita, senza la fatica, il sacrificio e l’impegno di dover seguire un corso di studi.

3. È sufficiente dare un’occhiata al mondo dei social, che affrontano tutti le stesse tematiche, espongono le medesime foto, hanno la stessa modalità di proporre contenuti e troppo spesso l’identica superficialità di pensiero, per renderci conto che viviamo un’epoca di omologazione di massa che ci impone modelli di comportamento e stili di vita. 
Ma la caratteristica principe di ogni uomo non è la sua Singolarità?

La psicoanalisi porta avanti ciò che è più singolare di ogni soggetto, un singolare che è irriducibile, ciascun individuo è unico, irripetibile, particolare. Il concetto psicoanalitico di inconscio come uno per uno si pone in antitesi all’universalizzazione, alla formattazione, alla massificazione del pensiero e alla costruzione di stereotipi. C’è qualcosa di insostenibile del concetto di singolarità perché rimanda alla questione della solitudine; in quanto unici possiamo sentirci soli, incompresi, non inclusi in un sociale che omologa e propone modelli con cui identificarsi. Da qui la spinta all’identificazione, all’indossare una definizione che di noi viene data dall’Altro, un altro significativo, un Altro dell’amore, i genitori ad esempio. Il bambino è parlato, si parla di lui, ancor prima della sua nascita. Quando poi nasce si diranno di lui, a lui, delle cose, che è bravo, timido, leader, socievole, oppositivo, stupido, maschio, femmina… La tendenza è quella di assumere per vera questa definizione che si dà di noi fin dagli albori della nostra esistenza, di credere che siamo davvero così, e diventarlo. Ma se questa identificazione non coincide con ciò che veramente siamo, se non ci troviamo a nostro agio ad occupare quel posto, ecco che si fa strada la sofferenza che prende forma nei sintomi più vari: ansia, depressione, disturbi alimentari o sessuali, dipendenze, difficoltà di relazione con gli altri, ecc… A partire dal sintomo, da questa sofferenza individuale, può partire la ricerca su di sé, sulla propria singolare verità.

4. “Attraverso le asperità si arriva alle stelle” scriveva Seneca. 
Eppure desideriamo raggiungere i nostri obiettivi senza troppa fatica, avere risultati senza sforzo ed una soluzione facile ai nostri problemi. Sarà la meditazione oppure lo yoga, o magari il pensiero positivo o forse la psicoanalisi la vera panacea a tutti i nostri mali?

Riprendiamo la questione di ciò che motiva l’essere umano, a differenza dell’animale, nelle sue azioni e scelte. La Pulsione è quella forza inconscia che spinge costantemente il soggetto verso una meta, la soddisfazione, che viene trovata attraverso un “oggetto”; tale oggetto è assolutamente variabile, può trattarsi di una cosa materiale, una persona, un ideale, un’ideologia, una professione, una passione e potrei continuare…
Le pulsioni operanti sono due: quella di vita, Eros, e quella di morte, Thanatos. Esistono dunque in noi due forze attive contemporaneamente che ci spingono l’una verso lo stare bene e l’altra verso lo stare male. 
Solitamente si crede che lo stare bene debba essere una disposizione costante dell’essere umano e che lo stare male sia una fastidiosa e passeggera eccezione. Non è così. Stare bene richiede impegno e dedizione, implica il prendersi cura di sé a molti livelli, il dedicarsi tempi e spazi, il conoscersi a fondo, il sapere che posto prendere nelle relazioni con gli altri. La follia dell’uomo moderno è quella di credere che si possa ottenere qualcosa senza faticare, senza pagare. Non è possibile, c’è sempre un prezzo da pagare. Tutto sta a poter arrivare ad essere abbastanza liberi da scegliere come pagare. 

Dott.ssa Alice Pari
Sito web: www.alicepari.it
Riceve anche on line, per info: consulenza psicologica on line





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2 commenti:

  1. Bellissimo questo articolo, davvero complimenti a te e alla Dott.ssa Pari. E' stato illuminante e credo che passerò il weekend a riflettere rileggendolo. Grazie davvero

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    1. Grazie a te per essere passata ed avermi lasciato le tue impressioni. Ci tengo davvero tanto a questo articolo che considero ricco di spunti preziosi e sapere che lo hai apprezzato mi riempie il cuore di gioia. Ti confesso che anche io l ho riletto più volte e ad ogni lettura ho l impressione di cogliere sempre nuove sfumature.

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La Magia è credere in se stessi: se riusciamo a farlo, allora possiamo far accadere qualsiasi cosa. (Goethe)